martedì 21 maggio 2019


IMMANUEL KANT

La vita

Immanuel Kant nacque nel 1724 da una famiglia di origine scozzese a Königsberg, nella Prussia orientale. Egli è il quarto di dieci fratelli, di cui sei morti in giovane età. La condizione economica della famiglia legata al lavoro del padre Johann Georg Kant, sellaio, e ad una piccola rendita portata in dote dalla madre, Anna Regina Reuter, permette solo al figlio più promettente, Immanuel, di continuare gli studi fino all'Università. Probabilmente per questo i rapporti tra Immanuel e i suoi fratelli si faranno sempre più sporadici nell'età adulta. Pare inoltre che Kant non gradisse le continue richieste di denaro da parte delle sorelle, invidiose della differente condizione economica raggiunta dal fratello filosofo. Dopo una prima formazione presso un Collegio, proseguì con gli studi di filosofia, matematica e teologia presso la sua città natale e, laureatosi, divenne precettore presso alcune case private. Ottenne dapprima la libera docenza presso l’Università di Königsberg ed, infine, fu professore ordinario di logica e metafisica presso lo stesso istituto. Morì nel 1804 a Königsberg. 
La Critica della ragion pura
Kant scrisse la Critica della ragion pura dopo oltre trentacinque anni di studio, al termine di una lunga elaborazione, ma stese l’opera di getto, in pochi mesi, a dispetto della grandissima mole da cui è costituita.  In quest’opera il filosofo si è posto l’arduo compito di analizzare criticamente i fondamenti del sapere, che a quel tempo erano dimostrabili nella scienza e nella metafisicaMentre per la scienza (matematica e fisica) i risultati conseguiti non facevano porre dubbi sulla loro validità, la metafisica appariva come un sapere incerto. Kant cominciò a chiedersi se esistessero delle condizioni che potessero elevare la metafisica a scienzaArriva alla conclusione che, alla base della scienza, risiedono dei principi assoluti e immutabili, i giudizi.
Secondo Kant, i giudizi si distinguono in 3 tipologie:

  • ANALITICI: in essi il predicato esplicita solo il contenuto del soggetto; essi possiedono universalità e necessità ma non accrescono il sapere;
  • SINTETICI A POSTERIORI: in essi il predicato aggiunge novità al soggetto; essi accrescono il sapere ma sono particolari e contingenti;
  • SINTETICI A PRIORI: essi accrescono il sapere e sono dotati di universalità e necessità;

Nei giudizi sintetici a priori si possono distinguere: 

  • L'aspetto materialele impressioni sensibili che il soggetto riceve passivamente dall'esperienza;
  • L'aspetto formalele modalità con cui la mente ordina attivamente le impressioni;

Kant asserirà di aver compiuto una vera e propria rivoluzione copernicanacosì come Copernico aveva ribaltato il rapporto tra la Terra e il Sole, lui stesso aveva cambiato il
rapporto tra soggetto e oggettoL’uomo non è più spettatore passivo dinanzi alla natura ma imprime ad essa l’ordine e le leggi da lui stabilite.

La “critica della ragion pura” è dunque così suddivisa:
1) Dottrina degli elementi --> studia gli elementi della conoscenza. 
Essa è a sua volta suddivisa in Estetica trascendentale e Logica trascendentale:
  • L’estetica trascendentale --> studia la sensibilità, su cui si basa la matematica. 
  • La logica trascendentale --> comprende invece una parte detta Analitica (che studia l’intelletto in relazione ai fenomeni della fisica) e una parte detta Dialettica (che studia la ragione in relazione alla metafisica). 
Dialettica trascendentale --> studia la ragione e cerca di superare i limiti dell'esperienza attraverso:

  • L'unificazione dei dati del senso interno (idea dell'anima); 
  • L'unificazione dei dati del senso esterno (idea del mondo);
  • L'unificazione dei dati del senso interno ed esterno (idea di Dio);

2) Dottrina del metodo --> studia e determina il metodo della conoscenza.



La Critica della ragion pratica

In questa sua seconda opera Kant affronta il tema della “moralità”. 
La ragione serve infatti anche all’azione. Quindi essa è teorica, ma anche pratica.
La ragion pratica può dunque essere pura o pratica. Quest’ultima concerne la moralità.

Secondo Kant la ragion pratica pura, a differenza di quella teorica, non ha bisogno di essere criticata poiché ubbidisce a leggi universali.  Invece quella empirica, poiché fornisce “massime di comportamento” dall’esperienza, concerne poco la morale. In pratica nella ragione teorica non si può andare oltre l’esperienza, e in quella pratica l’esperienza non va considerata. 
Kant è convinto che esista una legge morale a priori valida per tutti, corrispettiva dei “giudizi sintetici a priori” della ragione teorica.
Egli sostiene infatti che la mente umana segua dei principi pratici che si dividono in:
1) massime (validità soggettiva ES: alzarsi presto per far ginnastica);
2) imperativi (validi per chiunque, quindi oggettivi);

Gli imperativi possono essere:
1) imperativo ipotetico: se vuoi…devi….(a sua volta questo tipo di imperativo si divide in regole dell'abilità e della prudenza);
2) imperativo categorico: che ordina un “devi” assoluto. Solo in esso risiede la moralità.

La Critica della Ragion Pratica si divide in due parti: Analitica e Dialettica. In questa ultima parte Kant si chiede infine come raggiungere l’ideale di dovere, cioè la totale conformità alla
legge morale. 

L’etica kantiana si basa sui seguenti postulati:

  • Il mondo è fenomenico (meccanicistico) e noumenico (libero), in mezzo al quale vi è l’uomo;
  • L’immortalità dell’anima è l’unico modo per raggiungere la perfezione;
  • La necessità di un giudice che soppesi virtù e felicità porta a Dio.

La Critica del giudizio
E' la terza critica di Kant ed introduce i temi pre-romantici. E' presente, per esempio, il tema della natura (rapporto uomo-natura) e l'altra tematica centrale è quella artistica (arte e bello estetico). Questa opera è stata vista come l'eco dei valori pre-romantici.  
La critica del Giudizio (inteso come facoltà) è divisa in due parti: la critica del giudizio estetico e la critica del giudizio teleologico. Nella prima Kant riflette sul bello, e su cosa ci fa dire che una cosa è bella. Collegato a questa sezione è il tema del sublime e la differenza tra una cosa bella e una cosa sublime. Nella seconda parte (giudizio teleologico/finalistico), Kant si concentra sulla finalità della natura (troviamo un fine/scopo nei fenomeni naturali, alcuni, non tutti). Egli distingue due tipi di giudizi: giudizio riflettente e giudizio determinante. Quest'ultimo è per Kant il giudizio dove è dato l'universale e non bisogna fare altro che sussumere il particolare sotto l'universale. Quello riflettente è invece il giudizio dove, avendo il particolare, bisogna trovare l'universale (la legge universale). I principi universali dell'intelletto (ragion pratica) erano l'ossatura per riconoscere i fenomeni naturali. 
La bellezza si manifesta attraverso un piacere. Kant distingue il piacere dal piacevole. Il piacevole, infatti, è ciò che stuzzica i sensi; il piacere è più profondo, coinvolge direttamente la nostra facoltà di Giudizio.  Il bello secondo Kant non è il buono. L'oggetto bello è la finalità soggettiva. Il sublime è, invece, espressione di un sentimento. Il bello nasce dal piacere, il sublime nasce dal dispiacere. Esistono due tipi di sublime: il sublime dinamico e il sublime matematico. Il secondo, quello matematico, nasce dalla contemplazione di qualcosa infinitamente grande; quello dinamico, invece, è proprio degli oggetti che presentano un'infinità potenza.

lunedì 29 aprile 2019


DAVID HUME 


La vita

Nato ad Edimburgo il 7 maggio 1711, la sua origine è legata alla piccola nobiltà terriera della città scozzese. Nella stessa università di Edimburgo intraprende studi di giurisprudenza, ma i suoi interessi principali sono da sempre diretti verso la filosofia e la letteratura. Decise di trasferirsi in Francia, a La Flèche, dove rimane tre anni (dal 1734 al 1737) allo scopo di proseguire i suoi studi filosofici. Durante la sua permanenza in Francia compone la sua prima e fondamentale opera, il "Trattato sulla natura umana", poi pubblicato tra il 1739 (i primi due libri) e il 1740 (il terzo). Frattanto il pensatore ritorna in Inghilterra dove si impegna a pubblicare nel 1742 la prima parte dei suoi "Saggi morali e politici", questi sì accolti in maniera favorevole dal pubblico e dalla cerchia degli intellettuali. Nel 1763 Hume diventa segretario del conte di Hartford, ambasciatore d'Inghilterra a Parigi e qui rimane fino al 1766, stringendo rapporti con i principali esponenti del "milieu" intellettuale della capitale francese. Tornato in Inghilterra ospita in casa sua Jean-Jacques Rousseau; il carattere ombroso del filosofo francese provoca la rottura fra i due. Dal 1769 in poi Hume, ormai ricco, conduce la vita tranquilla del benestante inglese: muore nella sua città natale il 25 agosto 1776.

Le opere
David Hume conduce l’empirismo a una conclusione scettica: fondandosi sull’esperienza, che ha dei limiti, la conoscenza non può essere certa ma solo probabile.
Opere principali:
  • Trattato sulla natura umana
  • Saggi morali e politici
Hume vede nelle percezioni l’unica base del nostro conoscere e inizia le sue ricerche sull’intelletto umano distinguendo tutte le percezioni della mente umana in due classi:
  • Le impressioni: sono le percezioni che penetrano con maggior forza e maggiore evidenza nella mente; sono tutte le sensazioni, passioni ed emozioni nell’atto in cui sono avvertite. Es.: dolore per un calore eccessivo;
  • Le idee o pensieri: sono le copie sbiadite delle impressioni, i riflessi secondari, le immagini illanguidite. Es.: immagine del calore eccessivo nella memoria.

Solo le impressioni costituiscono i dati originari del nostro conoscere. Ogni idea o pensiero deriva da una corrispondente impressione e non esistono idee o pensieri di cui non si sia avuta precedentemente l’impressione.
La capacità di stabilire relazioni tra idee è chiamata immaginazione; le relazioni tra idee non sono casuali ma avvengono in base al principio di associazione.
L’associazione è un legame spontaneo tra 2 idee, che si stabilisce indipendentemente dalla nostra volontà. 
Le associazioni però non si creano a caso ma seguono 3 criteri fondamentali:
  • La somiglianza: es. un ritratto conduce i nostri pensieri all’originale; un’immagine richiama immagini simili;
  • La contiguità nel tempo e nello spazio: es. il ricordo dell’appartamento di una casa porta a discorrere degli altri appartamenti della stessa casa; Quando penso al Duomo di Milano per associazione penso anche alla Rinascente perché è poco distante dal Duomo;
  • La causalità: es. una ferita fa pensare subito al dolore che ne deriva.


Critica del principio di causalità

Tutti i ragionamenti che riguardano realtà o fatti si fondano sulla relazione di causa ed effetto. Secondo Hume la relazione tra causa ed effetto può essere conosciuta soltanto per esperienza.
La connessione tra causa ed effetto è soggettiva e arbitraria e concerne sempre ciò che è accaduto, senza che sia possibile dedurne in modo necessario cosa dovrà accadere in futuro: la relazione di causa ed effetto, in altri termini, è una relazione che si pone tra due fatti già accaduti e constatati, ma nulla garantisce che questa relazione debba valere anche per il futuro, perché come si è detto, nelle questioni di fatto il contrario è sempre possibile e solo l’esperienza può dirci se è anche reale oppure no. 

martedì 2 aprile 2019

JOHN LOCKE 

La vita

John Locke nacque a Wrington il 29 agosto 1632, vive la giovinezza in uno dei periodi più tormentati della storia inglese, segnato dalla rivoluzione antimonarchica e culminato con la decapitazione di Carlo I. Locke studia all'Università di Oxford e legge le opere di Cartesio, Hobbes e Gassendi. 
Egli prende parte alla vita politica, diventando collaboratore di Lord Ashley, che lo vuole con sé a Londra. In seguito si trasferisce per quattro anni a Parigi dove inizia a lavorare al Saggio sull'intelletto umano.
Al suo ritorno a Londra viene visto con sospetto dai sostenitori della monarchia a causa dell'amicizia con il Lord Ashley (che nel frattempo aveva perso i favori del re ed era stato accusato di cospirazione); nel 1682 si rifugiò in Olanda, dove completa il suo Saggio e scrive un opera sulla tolleranza. Durante il soggiorno olandese Locke prende parte attiva ai preparativi per la spedizione in Inghilterra di Guglielmo D'Orange. Nel 1689 la sua fama si diffonde ed egli diventa il filosofo del nuovo regime liberale oraginsta, vedendo finalmente pubblicati i suoi libri. Muore il 28 ottobre 1704 a Oates, nell'Essex.

Il pensiero

Locke è comunemente riconosciuto padre dell'empirismo: quella corrente filosofica secondo cui la fonte della conoscenza è innanzitutto rappresentata dall’esperienza. La ragione dell’uomo è, difatti, limitata dal “materiale” che le forniscono i sensi (ciò che vedo, sento, tocco); in secondo luogo, ogni tesi, teoria, ipotesi per essere valida deve trovare conferma nel mondo esterno. L’uomo, dunque, non può conoscere ciò che va oltre la realtà di cui fa esperienza.
Da questo punto di partenza nasce il capolavoro di Locke Saggio sull’intelletto umano, atto a stabilire i confini entro cui può svilupparsi la conoscenza ed in che modo la ragione deve sempre essere guidata dall’esperienza. 


Secondo Locke il primissimo materiale della conoscenza è costituito dalle idee semplici, e queste ultime rappresentano una ricezione passiva di due tipi di realtà:

  • nelle idee di sensazione noi riceviamo tutti quei contenuti appartenenti al mondo, alle cose esterne: attraverso i nostri sensi riconosciamo nella realtà naturale una serie di attributi (rosso, grande, morbido ecc.);
  • nelle idee di riflessione trovano posto tutte le nostre sensazioni interne (il pensare, l'essere triste o felice ecc.) che sono sempre collegate con la sensazione esterna.
Locke riconoscendo che ogni idea deriva sempre dall'esperienza, nega l'esistenza di idee innate (idee che possediamo fin dalla nascita).
Dopo aver recepito dall'esperienza le idee semplici e averle organizzate tra loro in idee complesse e generali, si passa all'ultimo stadio ovvero quello della conoscenza vera e propria. La conoscenza può dirsi certa quando è raggiunta attraverso:


  • L'intuizione → quando si realizza immediatamente la concordanza di due idee
  • La dimostrazione → consiste in un ragionamento fondato su un a catena di intuizioni collegate tra loro.
  • La sensazione attuale → abbiamo la certezza che esiste una cosa esterna solamente quando si fa una esperienza diretta e in quel momento.




L'uomo nello Stato di natura

Locke immagina un ipotetico stato di natura in cui tutti gli uomini vivono in una situazione di profonda uguaglianza di diritti. Difatti ogni uomo gode del diritto alla libertà, alla vita e alla proprietà. L’esercizio di questi diritti è limitato alla sua persona in quanto esiste una “legge di natura” (cioè la ragione). Secondo Locke la pacifica convivenza degli uomini potrebbe però trasformarsi in uno stato di guerra quando qualcuno con la forza potrebbe andare contro la legge di natura e violare i diritti altrui.
Per evitare questa situazione, gli uomini decidono quindi di creare uno stato civile che salvaguardi, attraverso le leggi, i diritti dei cittadini. È dunque uno stato che nasce dal consenso e che si fa unicamente tutore della difesa della libertà dell’uomo. 

I poteri dello Stato:
  1. Lo stato non può in alcun modo avere un potere assoluto perché non può esistere un uomo (un sovrano) che possa privare un altro uomo dei suoi diritti naturali. La libertà, la proprietà e la vita sono diritti che non sono stati concessi dal sovrano e, quindi, non possono in alcun modo essere tolti.
  2. Lo stato nasce da un accordo, un “contratto”, tra i cittadini e tra questi e il sovrano. Infatti, se quest’ultimo non rispetta la sua funzione e non si sottomette egli stesso alla legge e al diritto, i cittadini possono ribellarsi.
  3. Lo stato non deve intervenire nelle questioni di fede.
  4. Il potere legislativo e quello esecutivo non devono mai essere affidati ad un’unica persona ma devono essere divisi, in modo da potersi controllare reciprocamente.






martedì 5 febbraio 2019

THOMAS HOBBES 



La vita

Thomas Hobbes è un filosofo britannico nato nel 1588 e morto nel 1679.
E’ uno dei maggiori rappresentanti del razionalismo inglese, corrente filosofica che si presenta in alternativa al razionalismo cartesiano.
E’ l’iniziatore dell’empirismo (corrente filosofica che riduce tutta la conoscenza all'esperienza sensitiva). Fu amico e discepolo di Bacone del quale applica il metodo induttivo- sperimentale anche al campo morale e politico.
Mentre Cartesio elabora il concetto di ragione legandola ad una metafisica spiritualistica, Hobbes lo elabora su base empiristica e nominalistica.





Il pensiero 
Hobbes sostiene che:
  • l’esperienza è la fonte e origine di ogni conoscenza e criterio di verità.
  • ogni forma di spiegazione metafisica è al di fuori della portata conoscitiva della nostra mente.
  • la filosofia è l’indagine del mondo umano
La sua opera principale è il Leviatano -----> Il Leviathan è un mostro marino che nelle Scritture è descritto come la più potente e terribile delle creature terrestri. Hobbes si riferisce al Leviatano per alludere alla potenza assoluta dello Stato, concepito come una persona (il sovrano) nella quale si riassumono tutte le altre persone (i sudditi).
Hobbes vuole costruire una filosofia puramente razionale che escluda ogni rivelazione soprannaturale.
La ragione umana per Hobbes è la capacità di prevedere e di progettare a lunga scadenza la propria condotta e i mezzi per raggiungere i propri fini.
Anche gli animali, secondo Hobbes, possiedono un certo grado di ragione. L’uomo a differenza degli animali possiede il linguaggio ed è il linguaggio che permette quelle generalizzazioni che guidano la ragione umana.

La sua filosofia è di netto stampo materialistico; ciò che è corporeo è l’unica realtà esistente.

Il materialismo di Hobbes sostiene che il corpo è l’unica realtà e il movimento è l’unico principio di spiegazione di tutti i fenomeni naturali (meccanicismo). I corpi possono essere sia naturali che artificiali (le società umane).

Egli ha una concezione utilitaristica che costituisce il fondamento della sua politica.
Secondo Hobbes non esiste una norma che valga a distinguere assolutamente il bene dal male, perché bene e male non sono inerenti alla natura delle cose ma dipendono dagli individui. Esistono nell'uomo 2 sensazioni fondamentali: il piacere e il dolore. In generale si chiama bene ciò che si desidera e male ciò che si odia. L’uomo è naturalmente portato ad appetire ciò che produce piacere e a fuggire ciò che produce dolore; su ciò si fonda il criterio di distinzione tra il bene e il male.

In natura l’uomo è egoista, dato che ricerca unicamente il suo utile, il suo piacere e non rispetta gli altri. Ciò determina una condizione di guerra continua. Lo stato di natura è uno stato di guerra incessante di tutti contro tutti, in cui ogni uomo è, non per malvagità, ma per intrinseca necessità, “lupo” per l’uomo (homo homini lupus). Hobbes nega l’esistenza di un amore naturale dell’uomo verso il suo simile, l’uomo non è un animale politico(socievole). L’associazione tra gli uomini nasce solo dal bisogno reciproco e non dall'amore verso gli altri.
Se l’uomo fosse privo di ragione, la condizione di guerra totale sarebbe insormontabile e porterebbe al peggiore dei mali, cioè la morte violenta. Ma la ragione umana porta l’uomo, per sfuggire a questo estremo male, a smettere la guerra generale ed a uscire dallo stato di natura e viene chiamata patto di unione. Nasce così lo Stato.  Lo Stato è fondato non sulla natura ma sulla convenzionalità ed è perciò un “corpo artificiale”.Ogni associazione tra gli uomini sussiste finché ciascuno vi trova il proprio tornaconto.

Ogni individuo sottomette la sua volontà a un unico uomo o a una sola assemblea. Si ha così il sovrano o leviatano che ha potere assoluto, ogni altro è suddito. Il contratto di virtù del quale gli individui delegano il potere a un sovrano ottenendo in cambio la garanzia della sicurezza e della stabilità è chiamato patto di sottomissione. Hobbes sostiene quindi l’assolutismo politico.



venerdì 28 dicembre 2018


CARTESIO


La vita


Cartesius è la forma latinizzata del nome del filosofo francese René Descartes, nato a La Haye (in Turenna) nel 1596. Da ragazzo studia presso i gesuiti e nel 1616 si laurea in diritto. Due anni dopo si arruola nell'esercito dei Paesi Bassi guidato da Maurizio di Nassau, di religione protestante. Tra il 1620 e il 1625, abbandonata la vita militare, compie numerosi viaggi soprattutto in Italia e in Francia. Si stabilisce quindi a Parigi, dove frequenta gli ambienti letterari e mondani e i circoli scientifici. Nel 1628 decide di gettare le basi di una nuova filosofia. Si ritira quindi nei Paesi Bassi, dove maggiore è la tolleranza verso le nuove teorie filosofiche e scientifiche, e lì prosegue le sue ricerche. Nel 1637 pubblica a Leida tre saggi assieme a un'importante prefazione intitolata Discorso sul metodo


Il pensiero


 La ricerca di Cartesio ha come obiettivo la riedificazione del sapere a partire da un fondamento solido e sicuro. A questo scopo il filosofo si interroga sul procedimento della conoscenza, rilevando che molto spesso gli uomini incorrono in errori e fraintendimenti per la mancanza di un metodo rigoroso ed efficace che li guidi nella ricerca della verità. 

Il metodo cartesiano viene esposto nella seconda parte dell’opera, il “Discorso sul Metodo” che doveva fungere solo da introduzione per i tre saggi nominati in precedenza. Tale discorso non doveva fungere da trattato, poiché secondo il Cartesio non doveva essere un rigoroso trattato filosofico ma solo un discorso appunto riguardo il metodo per il “buon senso” o ragione.

Le quattro regole del metodo cartesiano:
  1. “La prima regola era di non accogliere mai nulla per vero che non conoscessi esser tale con evidenza“. Dunque la prima regola del metodo e la più importante è quella di un intuizione chiara e distinta, di non farsi prendere dalla precipitazione, eliminando così ogni possibilità di dubbio.
  2. “La seconda era di dividere ogni problema preso a studiare in tante parti minori”. Questa seconda Regola assume un’importanza fondamentale perché è la regola propria dell’analisi. Riducendo e scomponendo il problema dalla sua complessità negli elementi più semplici.
  3. “La terza cominciando dagli oggetti più semplici per salire a poco a poco ai più complessi”. Tale regola è lo strumento logico inverso dell’analisi, la sintesi. Tali due processi non hanno nulla a che fare con quelli tipicamente scolastici. Come si può ben vedere dal metodo cartesiano la conoscenza si evolve, va avanti gradualmente e non si stagna in una conoscenza già presente in modo implicito nella premessa.
  4. In fine di far dovunque enumerazioni così complete e revisioni così generali da esser sicuro di non aver omesso nulla”. Un procedimento di controllo dell’analisi e della sintesi in modo tale da aver raccolto i dati di una intuizione complessiva.

martedì 23 ottobre 2018

GIORDANO BRUNO

La vita

Giordano Bruno nasce a Nola, vicino a Napoli, nel 1548 da una nobile famiglia campana. Sin da ragazzo avverte la vocazione al sacerdozio: compiuti i primi studi a Napoli, all'età di 17 anni entra come novizio nel convento di San Domenico sostituendo il proprio nome, Filippo, con quello di Giordano, e sette anni dopo è divenne sacerdote. Appassionato di teologia e filosofia antica e moderna, dotato di animo irrequieto e fervido, non incline all'accettazione di dogmi senza averli prima analizzati nel profondo, gradualmente matura la convinzione panteistica - ispirata ad Eraclito - che Dio è l'universo pur nella sua molteplicità; ma in tempi di piena Controriforma, i più bui nella storia della Chiesa cattolica romana, la sua teoria gli costa l'accusa di eresia, costringendolo ad abbandonare Napoli. Nel 1599 il cardinale Bellarmino lo sollecita ad abiurare ed egli sembra accettare, ma le sue dichiarazioni appaiono parziali e insufficienti. Dichiarato eretico, è condannato al rogo. Per ordine di Papa Clemente VIII, Giordano Bruno viene arso vivo a Roma, in Campo de' Fiori, il 17 febbraio 1600, all'età di 52 anni. 

Il pensiero

Giordano Bruno è l'artefice della moderna concezione dell'infinito. Egli arriva ad affermare che l'universo è uno spazio infinito costituito da infiniti mondi e sistemi solari. Di qui ne deriva che il nostro pianeta è solo uno tra gli infiniti presenti, e che non è al centro dell’universo, il quale, essendo anch'esso infinito, non ha né centro, né periferia. Tale concezione si fonda sulla tesi che l'universo abbia una causa e un principio primo infinito, la mente sopra di tutto, che si identifica con Dio stesso. Dio inoltre costituisce l'anima del cosmo che informa e plasma la materia e di conseguenza il esso non ha limite, misura o fine. Bruno aveva una visione panteista, in cui Dio coincide con la natura nella sua totalità e creatività senza limite. L'uomo non può arrivare a comprendere l'ordine dell'universo ma in quanto partecipe, può impadronirsi delle sue leggi e conquistarne i segreti. A livello cosmologico, Bruno critica il geocentrismo e nega le teorie aristoteliche di un cosmo composto da sfere cristalline concentriche. La posizione dell'uomo e della Terra nell'universo infinito non occupano più quel posto privilegiato al centro del creato. Bruno crede nell'esistenza di altri mondi abitati, di altre civilizzazioni e nell'esistenza di enti superiori per l'intelligenza dell'uomo.